domenica 27 novembre 2011

Storia di un "comune" precario


Io, comune mortale... io, comune precario...

Io, stanco di “mettere in saldo” il mio tempo...

Io, stanco di “arrancare” per arrivare a fine mese...

Io, stanco di essere un numero...


Gli annunci di lavoro mi rendono perplesso, mi disorientano... a volte piango dal ridere, altre volte rido per non piangere...

Navigo abitualmente in rete, mi imbatto in molti siti che promettono di trovarmi un lavoro... la maggior parte degli annunci recita così:

Cercasi operatore call center con buona dialettica e con elevato grado di tolleranza allo stress”;

Cercasi agenti commerciali (porta a porta) esperti nella vendita di marchingegni che trasformano l'acqua in oro. Si offrono: provvigioni e formazione gratuita”.

Su quali basi posso progettare la mia vita lavorando in un call canter o come venditore porta a porta? A che cosa potrebbe essermi utile una formazione in marchingegni che trasformano l'acqua in oro? Perché dovrei accettare un lavoro che richiede tolleranza allo stress? Il lavoro non dovrebbe nobilitare l'uomo?

Al di là di queste mie domande “opinabili” mi accorgo che la maggior parte dei lavori prevede un inquadramento contrattuale a progetto o di tipo occasionale...

A questo punto provo ad ipotizzare di lavorare nel sopra citato call center, lo stipendio è di circa 800/900 euro al mese (nel migliore delle ipotesi). Non essendo più un adolescente, per me sarebbe auspicabile abbandonare la casa nativa (anche perché se non lo faccio mi chiamano “bamboccione”). Mi metto così a sfogliare gli annunci immobiliari. Rimango sorpreso nel vedere che gli affitti di un bilocale in molte zone non scendono al di sotto delle 500-600 euro, a cui vanno ad aggiungersi spese condominiali etc. Quindi, ricapitolando, dai miei iniziali 900 euro devo sottrarre 500 euro di affitto e 50 euro di condominio. Con le restanti 350 euro devo provvedere a:

  • mangiare e bere;

  • comprare vestiti e articoli di prima necessità;

  • pagare le bollette (elettricità, acqua, gas... );

  • provvedere ai costi di trasporto (spese per carburante/assicurazione in caso di mezzo proprio, o spese per i trasporti pubblici);

  • spese mediche occasionali o spese per imprevisti;

  • eventuali (ma solo eventuali!!!) spese per il tempo libero.

Delle mie 350 euro probabilmente non rimarrà niente. Quindi oltre a non avere una casa propria (nessuno concederebbe un mutuo ad un precario come me) sono costretto a non risparmiare un euro ed a vivere nell'indigenza assoluta! Per me l'utopia ormai non è relativa solo ad avere una casa, ma anche a fare un viaggio, a leggere un buon libro, ad andare al cinema o al teatro. Sono uno precario che segue sogni impossibili.

Alcuni potranno pensare “La cosa non mi riguarda, ho un buon posto di lavoro”. Ma siete così sicuri che il vostro posto di lavoro vi garantisca ciò che desiderate? Siete così certi che il vostro lavoro vi nobiliti? Credete veramente che il vostro futuro sarà roseo? Ritenete davvero che il vostro posto di lavoro sia “sicuro”?

In realtà anche colui che è per natura ottimista, pian piano, osservando le nuove manovre finanziare e le politiche in atto, inizia a dubitare sul suo futuro, e inizia a riflettere sul peggioramento della situazione lavorativa ed economica. La crisi, passo dopo passo, annienta i sogni di molti, schiaccia il loro corpo e la loro anima, rende dubbiosi e spaventa. La precarietà rende sterili, la precarietà sacrifica le vite... la precarietà rende schiavi.


Io, comune precario...

Io, che sogno di lavorare per vivere e non di vivere per lavorare...

Io, che voglio che la mia utopia diventi realtà...

Io, che sogno una vita normale...

Io, che non voglio arrendermi...

Io, che voglio essere libero... !


Dania & Claudio

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